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Sull'immortalità degli animali


"Alle cavie si recidono le corde vocali per non sentire più i lamenti disperati".
Eugen Drewermann


Chi, costretto a udire gli urli degli animali seviziati dall’uomo, li sopporterebbe? Chi non si turerebbe le orecchie? Del resto, non esistono forse società per la protezione degli animali e leghe come il WWF (World Wildlife Fund) che hanno il compito di occuparsi di queste questioni? E gli esperimenti condotti sugli animali non sono forse necessari per il bene della medicina umana? Non costituiscono forse un’esigenza legittima della scienza, resa tale persino dalla teologia cristiana che ha interpretato le parole del Creatore nell'Antico Testamento (Genesi): "Soggiogate la terra" come una sorta di ingiunzione rivolta agli uomini a essere "i signori della terra" e a fare degli animali i nostri schiavi?

Le cose, tuttavia, stanno davvero nel senso indicato da queste domande? Davvero gli animali sono stati creati da un Dio che ama, solo perché gli uomini ne disponessero a loro piacimento?

Nostri antichissimi progenitori, gli animali abitavano su questa terra già molto tempo prima dell'apparizione dell'essere umano, e convivevano pacificamente. L'agnello dormiva accanto al leone e nessun animale uccideva l’altro poiché tutti si nutrivano d'erbe, come è scritto nella Bibbia: "Poi Dio disse: Ecco, io vi do ogni erba che produce seme e che è su tutta la terra e ogni albero in cui è il frutto che produce seme: saranno il vostro cibo. A tutte le bestie selvatiche, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli esseri che strisciano sulla terra e nei quali è alito di vita, io do in cibo ogni erba verde". Dio non disse all'uomo, ad Adamo: "Tutti mangiano le piante, ma solamente tu, in quanto signore della creazione, puoi uccidere gli animali e mangiare la loro carne". Egli disse solo che l'uomo poteva "dominare" sugli animali, il che significa poteva "coltivare e custodire il giardino di Eden". (Gn 2,15). Dio affidò all'uomo la terra non per sfruttarla, ma per proteggerla.

Questo accadeva ai tempi del Paradiso e l'uomo era fraternamente vicino a quegli esseri dai quali, nel corso di milioni di anni, lo ha distanziato il cammino evolutivo: egli avvertiva ancora l'alito divino comune a tutti e a tutto. Tutto era stato creato dalla materia terrestre risvegliata alla vita dall'alito di Dio. Per questo, tutto ciò che esiste vive solo grazie al soffio vitale di Dio. tutto ciò che vive, dunque anche gli animali. Uomini e animali sono, in breve, entrambi manifestazione del principio vitale. E tutto è dotato di un'anima divina poiché se cosi non fosse, non vivrebbe.

Com’è possibile, dunque, sostenere con serietà che gli animali non abbiano un'anima? Gli animali certo non sanno ciò che sanno gli uomini: di avere in se un’"anima immortale". Ma gli uomini lo sanno poi davvero? La maggior parte degli uomini non vive forse nella stessa "ottusa ignoranza" degli animali? Inconsapevole, certo non meno degli animali, della propria divinità? Chi può dire con certezza che gli animali, che oggi abitano con noi questo pianeta, nel corso dell'evoluzione non diventino consapevoli di avere un'anima e che il loro cammino evolutivo non possa sopravanzare il nostro? Non c’è forse negli animali un impulso all"' apprendimento"? Davvero essi non hanno desiderio di spirito, come dice san Tommaso d'Aquino? Non è forse scritto nella Bibbia che l'intera creazione geme e soffre nelle doglie del parto? E che cosa significheranno queste parole, se non che anche gli animali anelano alla liberazione dalla loro condizione attuale e attendono la Redenzione? Chi osserva le "scimmie antropomorfe" allo zoo ne può vedere la tristezza, un'afflizione che non deriva solo dalla cattività poiché è osservabile anche negli animali che vivono in libertà. Mi capita spesso di vedere questa pena negli occhi del mio cane, un cane "felice", privilegiato. Lui non sa il perché della sua pena. Sono io a dirglielo. Gli prometto la Redenzione "Se io verro esaudita, anche tu lo sarai con me, fratello cane" Ci sono momenti in cui avverto il legame eterno tra la mia anima e quella del mio cane, e il mio cane, a modo suo, avverte lo stesso. Talvolta percepiamo che cos’è: il Paradiso. Nell'amore abissale del Creatore per le sue creature presentiamo quella condizione che ci è stata promessa: il ripristino del Paradiso.

Ma che cosa successe allora (secondo la Genesi) quando distruggemmo il Paradiso? Non solo l'uomo si elevò al disopra degli animali e dell'intera creazione; in quel momento avvenne la grande separazione di tutti gli esseri, in quel momento ebbero inizio le nostre sofferenze: precipitammo fuori del circolo dell’amore universale per ritrovarci abbandonati sulla terra. Gli animali condivisero il nostro destino poiché è scritto che Abele diventò pastore e Caino agricoltore. C'erano dunque animali che avevano abbandonato il Paradiso insieme con gli uomini, innocenti, eppure indissolubilmente legati al destino umano. Poi accadde qualcosa che dal punto di vista teologico resta inspiegato, qualcosa di oscuro che urta contro la nostra comprensione: Abele sacrificò all'Altissimo un agnello, Caino gli offri i frutti della terra. Dall'offerta di Abele si innalzò una colonna di fumo diritta al cielo; quella di Caino rimase, invece, a strisciare al suolo. L'interpretazione è assurda: il sacrificio animale offerto da Abele è gradito a Dio, che invece non accetta i prodotti della terra offerti da Caino. Chi ha dato questa interpretazione? I pastori del tempo, in concorrenza con gli agricoltori? Più avanti nella Bibbia leggiamo pero che l'Altissimo rifiuta tutti i sacrifici animali, chiedendo al posto del sacrificio della carne amorevole obbedienza.

E nel Nuovo Testamento? Colui che noi chiamiamo "Gesù Cristo" (il suo vero nome aramaico era Jeshua) arrivato al tempio di Gerusalemme fu colto dall'ira, o meglio dall’orrore. Vide infatti le. vittime sacrificali destinate alla macellazione secondo il rito ebraico: pugnalate alla gola e abbandonate a un lento dissanguamento. Jeshua gridò: "Voi fate della casa di preghiera una spelonca di assassini". Avrebbe potuto dire: ne fate un mattatoio; disse invece: spelonca di assassini. Non e abbastanza chiaro? Parla di assassinio. Assassinio di animali. Ne ha orrore. Lo condanna. "Non uccidere".

Non c’è nessuna differenza tra uomo e animale, cosi come non ce n’è tra animali "puri" e "impuri". Il divieto vale per tutti nei confronti di tutto.

Noi, invece, richiamandoci alla teologia cristiana, sosteniamo che il divieto di uccidere non si riferisca agli animali, poiché essi non hanno anima. C’era un tempo in cui la Chiesa credeva che neanche le donne avessero un’anima, o che almeno ne avessero una di molto inferiore a quella maschile. E c'era anche un tempo in cui si credeva che i "negri" non avessero anima e potessero pertanto essere venduti come "schiavi", come merce priva di vita, o essere impunemente uccisi.

Alle donne e alle persone di colore oggi viene riconosciuta un'anima. Agli animali invece continua a essere negata. Vi sono state epoche in cui gli uomini conoscevano l'anima degli animali, e perciò chiedevano loro perdono prima di farne prede di caccia. Ed epoche in cui gli uomini temevano la vendetta degli animali uccisi, le cui "anime" non erano certo state uccise con loro, ma continuavano immortali a vivere e potevano funestare la casa dell’assassino.

Noi oggi uccidiamo in un modo che non ci appare neanche più un'uccisione. Ricordo la scena dei giorni di festa quando nel podere di mia nonna veniva macellato il maiale. A farlo non erano i garzoni della fattoria, perché i garzoni conoscevano bene gli animali! Veniva un macellaio professionista che portava con sé un robusto bastone con cui colpiva il maiale alla testa, una forma primitiva di anestesia. Era solo a questo punto che veniva inflitto il colpo mortale. Il tutto si svolgeva rapidamente, eppure mi sembrava spaventoso, e al tempo stesso solenne: il modo in cui le serve si tenevano pronte a raccogliere in certe ciotole il sangue dell'animale morto aveva qualcosa di rituale e qualcosa di fatale, di inesorabile.

Della vita e della morte atroci delle bestie da macello oggi non vediamo più niente. Tutto procede automaticamente. Appena poco fa c'era un animale, ora nient'altro che pezzi di carne: il nostro nutrimento. La nostra forma di cannibalismo.

Una parola eccessiva?

Induisti e buddisti non mangiano carne. Perché no? Perché sanno che anche negli animali c’è atman, il soffio divino. Gli animali: una manifestazione di Dio. C’è una bella storia indiana che dice: "Un uomo vuole incontrare Buddha, ma se Buddha è morto già da tanto tempo, come farà a incontrarlo? Un altro, un saggio, gli dice: Va' al mercato, 1ì lo incontrerai. Ma, dice il primo, come faccio a riconoscerlo? Molto semplice, risponde l'altro: lo incontri in ogni mendicante, in ogni donna, in ogni animale. Il primo cane che passa sul tuo cammino, quello è Lui".

Nel Nuovo Testamento c’è quella storia che per me è lo specchio di una grande cosmologia: Jeshua giudice. Gli uomini vanno da lui, che li manda di volta in volta o alla sua destra o alla sua sinistra. E in base a che codice, secondo che legge li suddivide? Dice: tu hai ucciso, tu hai commesso adulterio, tu hai calunniato? Dice: tutto quello che avete fatto al più piccolo dei miei fratelli l'avete fatto a me, e ogni aiuto che avete negato ai miei fratelli lo avete negato a me.

Non dice: quanto avete fatto di bene o di male vale come se lo aveste fatto a me. No, dice: lo avete fatto a me. Significa allora: sono io colui al quale avete fatto del bene o lo avete negato. Io. Poiché io sono in ogni essere vivente. Se picchiate un asino, picchiate me. Se strapazzate a morte un cavallo, strapazzate me. Se alleviate la sorte di un animale, alleviate la mia sorte. Amando e proteggendo gli animali dimostrate a me il vostro amore.

Chi per una volta abbia accolto pienamente dentro di sé questa parola non potrà mai più maltrattare un animale e, se è coerente, non potrà neanche più mangiare carne, perché in questo modo si farebbe complice della morte degli animali. Oggi si sa che si può vivere benissimo senza mangiare carne e che vivendo da vegetariani si evitano persino molte malattie.

Una società di vegetariani invitò una volta un uomo che adorava mangiare carne. Il menu era completamente vegetariano. All'ospite carnivoro fu servita una colomba viva con un coltello. Da quel momento in poi non mangiò più carne.

È l'anonimato delle nostre vittime a renderci sordi agli urli degli animali.

Ci vorrà molto tempo perché l’umanità capisca che non soltanto i popoli della terra sono un solo popolo, ma che uomini, piante e animali insieme sono il "Regno di Dio" e che il destino degli uni è anche il destino degli altri. Oggi lo chiamiamo "equilibrio ecologico", indicando con questo ciò che è utile al mondo umano e ciò che lo danneggia: una prospettiva materialistica e antropocentrica. Non basta. Non ci porta al nocciolo del grande problema cosmologico: chi sono i figli di Dio, e chi verrà redento alla "fine dei tempi"?

Chi vive con gli animali nel pieno rispetto del loro atman, del divino soffio vitale che è in loro, vede e sente le loro molteplici sofferenze (una delle quali e anche l'imperdonabile ipernutrizione dei nostri animali prediletti) e si sente complice della sofferenza delle creature. Io sono molto legata agli animali: li amo come miei fratelli, e soffro con loro. Da questa compassione, che è compartecipazione alla sofferenza, è nato un capitolo del mio romanzo Sono Tobias. Vi si parla di un pastore che, di fronte al dolore del mondo, si lascia prendere dalla disperazione. Da teologo si domanda come tutto ciò si concili con il "Redentore" e con la sua sofferenza e la sua crocifissione in vece nostra. È servito a qualcosa? Per il mondo degli uomini, forse. Ma per il mondo dei nostri fratelli, gli animali? Il Crocifisso, nel suo amore che tutto avvolge, l'Amore in persona, ha pensato anche ai gridi di lamento degli animali?

Egli è morto davvero per noi tutti, dunque anche per gli animali. Perché altrimenti Francesco d'Assisi avrebbe messo nel presepe, che è una sua creazione, degli animali: il bue e l'asino, e proprio davanti alla stalla come testimoni della nascita del Liberatore di tutte le creature? Perché sotto alla croce non ci sono animali? Ci sono solo cavalli, ma a servizio della milizia (romana). Sotto alla croce devono esserci anche gli animali, poiché tutti gli animali, ogni creatura, tutti devono partecipare della Redenzione ad opera dell'Amore eterno.

Quando quindici anni fa il mio amatissimo cane Vanno morì io piansi molto. La mia indimenticabile amica Ingeborg mi disse allora: "Non piangere, il tuo cane adesso e presso il Grande Cane". Aveva pensato, senza saperlo, platonicamente. Io penso realisticamente e cristianamente: rivedrò il mio cane e tutti i cani della mia vita perché sono parte della mia vita, e ciò significa che verranno redenti insieme con me poiché sono immortali. Immortali grazie a ciò che ci unisce: l'atman, il divino soffio vitale.

Luise Rinser

Prefazione al libro di Eugen Drewermann "Sulla immortalità degli animali" - Neri Pozza Editore





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