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Caccia a 16 anni?

"Aggressione e violenza a quell'età sono sempre un errore"

di RAFFAELLO MASCI


David Magnaghi, lei insegna Psicologia all’università di Roma. Che effetto le fa la proposta di abbassare l’età di accesso alla caccia?

«Come psicologo posso dire che è sbagliata, per vari aspetti. Il primo è quello dell’uso delle armi che, anche quando il loro utilizzo è ritualizzato in un’attività sportiva, introducono nella vita di un giovane in formazione la categoria dell’aggressione come strumento di rapporto col mondo. Poi c’è l’aspetto della violenza sugli animali, cioè su quei viventi percepiti e vissuti come più deboli».

La caccia è sempre stata questo, o no?

«No, non è sempre stata così. Al di là delle perplessità che ciascuno di noi può avere sull’etica del cacciare, un tempo questa attività era vissuta come elemento basilare del vivere: era un modo per procurarsi un’integrazione alimentare, avveniva all’interno di un sistema di regole perché bisognava fare in modo che le prede non scomparissero l’anno successivo. Ora, invece, nelle società urbane affrancate dal bisogno la caccia è una manifestazione di violenza gratuita verso viventi indifesi, una pratica di morte che non ha alcun rapporto con le necessità umane».

Questo, però, vale per tutti, non solo per i ragazzi...

«Sì, ma nel caso dei giovanissimi il segnale che giunge è ancora più forte e devastante, perché si tratta di persone non ancora strutturate, più insicure, esposte a una società altamente competitiva. Inserire all’interno del loro percorso di crescita fattori di violenza come la caccia agli animali, la morte, la disponibilità di armi come atto di sopraffazione gratuito, significa veicolare elementi pericolosi per la convivenza sociale».


Fonte: La Stampa del 27/02/2009
http://www.lastampa.it/lazampa/girata.asp?ID_blog=164&ID_articolo=1039&ID_sezione=339&sezione=News



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