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Karma, reincarnazione e vegetarianesimo



di Parama Karuna

IL KARMA DEGLI ALIMENTI

Karma e reincarnazione sono due concetti ormai diffusi ampiamente anche nella società occidentale moderna. Sono diventati così popolari perché sono in grado di spiegare logicamente i misteri della vita e della sofferenza in modo molto più completo e soddisfacente di qualsiasi altro concetto filosofico o teologico.

Questo articolo mette in evidenza soprattutto i meccanismi karmici nella vita di ogni giorno, a cominciare dall'atto più semplice e basilare della vita: l'alimentazione quotidiana.

CHE COS'E' IL KARMA

Ormai da diversi anni la parola "karma" è entrata nel nostro vocabolario quotidiano. Non tutti però sanno che cosa significa esattamente. Il termine karma è una parola sanscrita dal significato piuttosto complesso. Il sanscrito è l'antica lingua indo-europea, considerata la più antica tra tutte le lingue, che manifesta in sé tutte le caratteristiche delle lingue del mondo: è infatti alfabetica, sillabica e pittografica allo stesso tempo. Lo studio della grammatica e della sintassi sanscrite è particolarmente complesso, perché si tratta di una lingua molto precisa e allo stesso tempo ricca di sfumature e di collegamenti logici e filosofici oltre che filologici. La derivazione delle parole e il loro significato seguono dei percorsi fortemente logici e vanno ricercati nelle "radici" di ogni concetto.

La parola karma significa "azione," ma viene ad indicare, secondo il contesto, anche la reazione collegata a tale azione e il modo di agire e il tipo di vita determinato dal modo di agire dell'essere umano. Le leggi della fisica insegnano che ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria, e che dietro ogni effetto c'è sempre una causa. Questo però vale non soltanto sul piano puramente fisico e meccanico sperimentabile al livello grossolano, ma anche sul piano delle cause e degli effetti sottili: esiste un forte collegamento di causalità tra situazioni e avvenimenti che apparentemente non avrebbero alcun legame tra loro. La persona che avete insultato può reagire in modo grossolano mollandovi un sonoro ceffone, oppure agire in modo più sottile escogitando qualche piano per punirvi senza esporsi direttamente.

Talvolta anche sul piano dei meccanismi più grossolani ci troviamo ad affrontare situazioni senza renderci bene conto della loro causa. Se, per esempio, l'anno scorso abbiamo firmato un assegno postdatato e poi ci siamo dimenticati di annotarlo sul registro delle scadenze, la richiesta di pagamento ci prenderà alla sprovvista o se la banca non ci avverte, potremmo ritrovarci il conto in rosso e pagare interessi passivi senza avere la più pallida idea di quello che è successo. Possiamo invitare un cliente a cena, poi essere travolti da altri impegni e mancare all'appuntamento -- per scoprire in un secondo tempo magari dopo varie settimane che il cliente, irritato dalla nostra mancanza di riguardo, ha annullato il contratto. A volte il risultato delle nostre azioni è immediato e visibile, a volte impiega anni per germogliare e fruttificare, anche a nostra insaputa.

Ogni sofferenza che noi causiamo rappresenta il seme di una sofferenza che dovremo raccogliere, prima o poi, sia che lo vogliamo o no, che ne siamo coscienti o no. Non è necessario che la reazione alle nostre malefatte ci venga imposta dalla natura in un tempo molto breve o immediato, oppure che sia amministrata attraverso la persona e il corpo che sono stati direttamente investiti dalla nostra azione. Una vendetta può essere portata a termine dai figli, dai nipoti o dai discendenti della vittima, oppure persino da quella stessa persona che si presenta a noi in un altro corpo, in un'altra vita, magari quando noi ci siamo già dimenticati della nostra antica cattiva azione. Oppure la reazione ci può arrivare dalla natura stessa, manifestandosi nel nostro corpo, nella nostra mente, nella nostra coscienza o nel nostro subcosciente, nella forma di malattie, difficoltà mentali o degradazione morale.

Come funziona il karma? Come qualsiasi altra legge di natura. Poiché le nostre azioni mettono in moto forze grossolane e sottili gli scienziati moderni seguono più facilmente le forze grossolane, che producono reazioni molto evidenti e sono osservabili tramite i cinque sensi (la vista, l'udito, il tatto, il gusto e l'odorato). Alcune di queste reazioni producono effetti più difficili da osservare, che sono stati riconosciuti soltanto dopo che la scienza ha messo a disposizione dell'uomo degli strumenti raffinati che accrescono la potenza dei suoi cinque sensi: microscopi, computers, telecamere, apparecchi radiofonici, termometri, misuratori di forze, bilance, analizzatori chimici e così via.

Questi strumenti però, per quanto sofisticati, non fanno che allargare la portata dei cinque sensi grossolani. Esistono altri piani di realtà, eterica e mentale, che non sono soggetti all'indagine dei cinque sensi e dei loro strumenti. L'attività cerebrale, per esempio, può essere misurata grossolanamente attraverso la misurazione delle microcorrenti elettriche nelle cellule del cervello, ma come è possibile analizzare con strumenti e macchinari i processi mentali, la fantasia, il desiderio, l'intelligenza? Se facciamo un passo più avanti ci troviamo ad affrontare i cosiddetti "fenomeni paranormali" come la telepatia, l'aura psichica, le esperienze fuori dal corpo, lo stato intermedio tra la vita e la morte. L'indagine sull'anima, sui suoi movimenti a prescindere dal corpo materiale (che è il nostro oggetto di osservazione grossolana) rimane in massima parte un mistero per gli scienziati. Eppure la nostra intelligenza, la logica e l'osservazione dei sintomi, ci mostrano l'esistenza dell'anima, della forza vitale, benché non sia quantificabile chimicamente o fisicamente, e non possa venire osservata al microscopio.

Ma torniamo al nostro argomento principale. Se vogliamo imparare qualcosa sul funzionamento del karma, dobbiamo attingere scientificamente alla fonti della filosofia e della religione più antiche del mondo, dalle quali il termine stesso di karma ha avuto origine. Dobbiamo osservare la nostra vita, il nostro comportamento, le nostre azioni e le nostre tendenze. Questo ci farà comprendere che nulla succede per caso.

A CHE COSA SERVE IL KARMA?

Qual è la funzione del karma? A che cosa serve? Non è difficile da capire. Gesù diceva: "Non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te," e "Ama il prossimo tuo come te stesso." Nella nostra evoluzione spirituale, in questa grande scuola che è la vita, dobbiamo continuamente imparare nuove lezioni fino a raggiungere la perfezione spirituale. Dobbiamo imparare ad essere misericordiosi, compassionevoli, tolleranti, sensibili, onesti, puri. Dobbiamo imparare ad amare il nostro prossimo, a riconoscere la mano di Dio in ogni movimento della natura, a ritrovare insomma l'armonia e il senso di responsabilità che ci qualificano come figli di Dio.

Ogni situazione, in questo mondo, rappresenta un momento di scelta. Ogni difficoltà che incontriamo rappresenta un esame. Abbiamo imparato la lezione? Se di nuovo ricadiamo nell'errore, se di nuovo ci comportiamo in modo indegno, dovremo affrontare di nuovo la stessa prova, nel futuro più o meno lontano, in situazioni più o meno differenti, finché riusciremo a risolvere brillantemente il problema. E allora saremo pronti ad affrontare un problema leggermente più difficile, forse, oppure una nuova edizione di un vecchio problema. A che serve una lezione? Ad imparare, a crescere. Il karma ci presenta implacabilmente il risultato delle nostre azioni in modo che noi possiamo costantemente misurarle e valutarle, comprenderne il significato e le ramificazioni. Non possiamo comprendere gli altri finché non siamo passati anche noi esattamente per la stessa esperienza: la saggezza si conquista attraverso l'esperienza e la sofferenza, sperimentando personalmente, in vivo, il vero significato delle varie condizioni di vita.

Le anime "crescono" e diventano più mature, più benevole, più comprensive, fino a quando la comprensione spirituale si fa strada nella nostra coscienza e noi ricordiamo che non è questo il luogo a cui apparteniamo, e proviamo il desiderio di scioglierci dalle catene della materia. Il corpo materiale nel quale abitiamo non è l'unica dimensione possibile per la nostra vera essenza, ma un veicolo utile che può essere utilizzato per il nostro viaggio in questa dimensione. Ne abbiamo bisogno nella misura in cui abbiamo bisogno di sperimentare gli oggetti materiali dei sensi, ma una volta che questa necessità viene superata naturalmente (non artificialmente!), ci rendiamo conto che è possibile vivere in una dimensione più libera ed elevata.

Il karma (l'azione e la reazione) diventa dunque il mezzo per comprendere e per superare i condizionamenti e i bisogni limitanti della dimensione materiale. Quando il mezzo ha espletato la sua funzione, cessa di esistere. Quando abbiamo compreso la lezione, il nostro karma svanisce. Quando raggiungiamo una vera e profonda comprensione della nostra vera natura, ogni legame karmico si dissipa e perde significato, aprendoci la porta della liberazione. Liberarsi dal karma significa dunque liberarsi dal giogo del condizionamento, non essere più costretti a vivere in un corpo pieno di sofferenza, di angoscia, di ignoranza. Significa non identificarsi più con il corpo materiale e con la materia stessa, imparare ad avere la giusta relazione con noi stessi, con gli altri, con la natura e con il divino. Questo è lo scopo della vita umana.

IL KARMA E L'ALIMENTAZIONE

In questo mondo, ogni essere vive alle spese di altri esseri e perciò, provocando maggiori o minori sofferenze, perpetua il proprio incatenamento alla ruota di morti e rinascite per pagare i suoi debiti. L'alimentazione è una delle maggiori cause di incatenamento alla sofferenza, la più basilare e quotidiana. Il corpo umano è fisiologicamente progettato per nutrirsi di frutta, verdura, cereali e semi. Se noi mangiamo altre cose, sostanze non destinate alla nostra alimentazione, come carne animale, sostanze tossiche e dannose e via dicendo, provochiamo una reazione negativa nel nostro corpo, tanto più negativa quanto più le sostanze che abbiamo introdotto nel corpo causano o hanno causato sofferenza ad altri esseri o alla natura.

La reazione karmica dell'abbattimento degli animali comincia subito, con l'adrenalina prodotta dall'animale per la collera e la paura e che viene introdotta, insieme ad altre endorfine prodotte dalla sofferenza dell'animale (che provocano aggressività, depressione, angoscia e senso di disperazione) nell'organismo di chi mangia la carne. Ma agisce anche a livello più sottile, poiché il corpo eterico dell'animale, "le sue vibrazioni", la sua identificazione, le sue qualità, vengono assorbiti dal nostro corpo mentale proprio come le endorfine, le sostanze tossiche prodotte dalla decomposizione della carne morta, gli antibiotici e gli ormoni sintetici contenuti nel sistema circolatorio e nelle cellule dell'animale sono assorbiti dal nostro sangue. Possiamo osservare questo meccanismo di "assorbimento delle vibrazioni" anche in coloro che si limitano a stare a stretto contatto con la fonte delle vibrazioni stesse, senza introdurle nel proprio corpo. Chi va con lo zoppo impara a zoppicare perché i suoi schemi mentali si modellano in quella data maniera. Due persone che vivono insieme da molti anni in stretto contatto -- coniugi, collaboratori o simili -- si ritrovano ad assumere reciprocamente certe abitudini, atteggiamenti e qualità dell'altro. Chi vive solo con il proprio cane per molti anni subisce una specie di trasformazione sottile, in cui pian piano cane e padrone arrivano ad assomigliarsi sempre più -- l'animale prende tratti e caratteristiche sempre più umane, e l'essere umano arriva anche fisicamente ad assomigliare all'animale.

Addirittura è stato osservato che alcuni macellai o forti consumatori di carne di un certo tipo -- specialmente suina -- finiscono con l'assumere anche fisicamente certi tratti che ricordano l'animale stesso.

La conoscenza vedica ci spiega che stando a contatto con una determinata qualità della natura noi acquisiamo le sue caratteristiche sottili, che nel corso del tempo determineranno il nostro prossimo corpo grossolano. Al momento della morte, il nostro stato di coscienza ci porterà ad essere attratti dalla situazione in cui potremo sviluppare il tipo di corpo adatto per la mentalità, i desideri e i ricordi -- le "vibrazioni" che conserviamo. E nel momento decisivo, la nostra mente sarà oppressa dal ricordo di tutte le sofferenze che abbiamo causato, anche quelle che abbiamo creduto di dimenticare o di non notare affatto. E' tutto accuratamente registrato a livello sottile nel nostro subconscio, e al momento della morte salta fuori in modo estremamente vivido. Il nostro subconscio sa perfettamente quali sono le sofferenze degli animali nei mattatoi (che per legge non possono avere finestre che si aprono sull'esterno per non "turbare" i passanti) o negli allevamenti intensivi (che sono generalmente chiusi al pubblico). Proprio per questo motivo la pubblicità deve costantemente offrire immagini di animali felici e contenti per convincere i consumatori ad acquistare prodotti non vegetariani. Se gli spot e le foto pubblicitarie mostrassero la realtà dell'animale macellato, gli acquirenti inorridirebbero e le vendite avrebbero un calo disastroso. Non ci piace sentirci dire che stiamo mangiando un animale morto, perché i nostri sensi di colpa a livello del subcosciente si mettono immediatamente ad abbaiare e ringhiare dalla cantina buia e profonda in cui li abbiamo rinchiusi.

Come abbiamo già detto, in questo mondo ogni essere vive a spese di altri esseri. La gravità del karma accumulato da chi mangia carne, pesce e uova è evidente, ma è onesto riconoscere che anche le piante sono esseri viventi, e anche la Natura è viva. Ogni volta che uccidiamo un essere vivente o gli impediamo di svilupparsi appieno completando il suo ciclo (quando si mangiano delle verdure in germoglio, dei semi o dei cereali) creiamo una certa quantità di karma. L'unico modo per non creare alcun karma, dal punto di vista alimentare, sarebbe nutrirsi di acqua ben filtrata, di foglie cadute spontaneamente e frutta giunta a piena maturazione (senza mangiarne i semi), di latte munto da una mucca che ne produce più di quanto ne sia necessario per il suo vitello e di miele che cola spontaneamente dagli alveari. Le scritture vediche infatti consigliano un genere simile di alimentazione a coloro che desiderano purificare la propria vita dalle implicazioni karmiche ed esistono alcune scuole di yoga che raccomandano un'alimentazione strettamente basata su tali cibi.

Una simile dieta è però molto difficile da seguire, specialmente al giorno d'oggi, perché la produzione e la vendita di latte e miele seguono standard basati esclusivamente sul profitto economico, che provocano immense sofferenze agli animali. Le mucche e gli altri animali "da latte", in particolare vengono costantemente trattati come macchine, privati di qualsiasi dignità, comodità, naturalità e relazione. Per questo motivo molti attivisti che sostengono i diritti degli animali decidono di essere "vegani", cioè di astenersi dal consumo di latte e latticini. Non è però il latte in sé ad essere negativo o violento, bensì la mentalità di sfruttamento e la mancanza di rispetto e compassione inerenti a un sistema economico e culturale violento. Non solo: grandi quantità di questi alimenti, prodotte in eccedenza, vengono distrutte da un sistema economico assurdo per non far calare i prezzi -- metodo che comporta sicuramente enormi ripercussioni karmiche. Non solo togliamo il nutrimento a chi ne avrebbe legittimamente diritto, ma ci assicuriamo di distruggerlo in modo completo affinché non possa essere utilizzato da chi ne avrebbe bisogno (esseri umani economicamente svantaggiati o animali), il tutto in nome del puro profitto economico.

Il trasporto stesso di questi alimenti può comportare morte e sofferenza per altri esseri, come piccoli insetti schiacciati, piante calpestate, e via dicendo. La nostra stessa respirazione ci porta ad aspirare inavvertitamente esseri minuscoli e gli anticorpi presenti nel nostro sangue sono in continua lotta per sopraffare gli esseri viventi che potrebbero danneggiare il nostro organismo, come virus, batteri, microbi in generale. E' evidentemente impossibile sottrarsi completamente al karma attraverso l'inazione, come pretendono di fare alcune persone. Si possono ridurre di molto le reazioni negative, ma non si possono eliminare del tutto.

Il modo migliore per liberarsi dal karma consiste nel rinunciare ai frutti dell'azione, in altre parole mangiare ciò che è veramente necessario ed appropriato alla nostra salute (e non tanto alla nostra gratificazione) offrendolo dapprima al Signore con riconoscenza, amore e devozione per il dono che ci ha fatto. Questa bellissima tradizione si ritrova in tutte le religioni, anche se molti pensano che non sia più di moda. Inoltre, se noi dedichiamo la nostra vita al bene superiore degli altri esseri e al servizio di Dio, anche la violenza minima che possiamo trovarci a commettere inconsapevolmente o spinti dalla necessità (per legittima difesa) sarà conteggiata sotto una voce differente del bilancio del karma, e noi saremo liberi dalle sue conseguenze.

IL KARMA E' UN CONCETTO SETTARIO?

Il karma non è semplicemente un concetto filosofico o teologico caratteristico e limitato a una particolare tradizione culturale: si tratta di una legge di natura alla quale tutti gli esseri sono soggetti, a qualunque religione appartengano -- e persino se sono atei o agnostici. In particolare, tutti gli esseri umani colti e sensibili della storia hanno riconosciuto istintivamente il legame fondamentale tra karma e alimentazione.

Quasi tutte le religioni hanno sempre predicato di astenersi dalla carne, a cominciare da diversi gruppi di sacerdoti egizi, che con la dieta vegetariana trovavano più facile mantenere il voto di castità necessario alla loro preparazione interiore. Essi rifiutavano anche le uova, che definivano "carne liquida". Sebbene il Vecchio Testamento, la base del Giudaismo, contenga qualche accenno al mangiare carne, chiarisce tuttavia che la situazione ideale è il vegetarianesimo.

Molti cristiani sono stati tratti in inganno da alcuni passi del Nuovo Testamento dove si dice che Cristo mangiò carne. In realtà Gesù apparteneva alla comunità ebraica degli Esseni, che erano vegetariani e seguivano una pratica di vita molto sobria; inoltre risulta da diversi passi dei Vangeli che aveva fatto voto di Nazireato (che comporta tra l'altro l'astensione da cibi non vegetariani, i frequenti digiuni e pratiche di purificazione, il non tagliarsi capelli e barba, il non indossare abiti lussuosi). Studi accurati sugli antichi manoscritti greci hanno rivelato che le parole tradotte nelle versioni successive come "carne" sono in realtà trophe e brome, che significano solo "cibo" o "atto del mangiare" in senso lato. Ad esempio, nel Vangelo di San Luca (8:55) si legge che Gesù resuscitò una donna dalla morte e "ordinò di darle della carne". La parola greca originale tradotta come "carne" è phago, che significa semplicemente "cibo". Quindi ciò che Cristo disse, in realtà, fu "datele da mangiare". La parola greca che indica la "carne" è kreas, e non viene mai usata in riferimento a Cristo; quindi neanche nel Nuovo Testamento è mai detto che Cristo mangiò carne. Questo, d'altronde, coincide con la famosa profezia di Isaia sulla comparsa di Gesù: "Una vergine concepirà e genererà un figlio, e il suo nome sarà Dio è con noi. Burro e miele saranno il suo cibo, perché saprà rifiutare il male e scegliere il bene."

Clemente di Alessandria, un padre della Chiesa, cita l'esempio dell'apostolo Matteo, che "si cibava di semi, noci e vegetali, senza carne." San Gerolamo, un altro padre dell'antica Chiesa cristiana, che autorizzò la versione latina della Bibbia tuttora in uso, scriveva, "Cucinare vegetali, frutta e legumi è facile ed economico", e suggeriva questa dieta a chi voleva diventare saggio. San Giovanni Cristostomo considerava il consumo di carne innaturale e crudele da parte dei Cristiani: "Ci comportiamo come lupi, come leopardi... anzi peggio di loro, perché la natura ha previsto che essi si nutrissero in quel modo, ma noi, ai quali Dio ha dato la parola e il senso della giustizia, siamo diventati peggio di belve feroci." San Benedetto, fondatore dell'ordine dei Benedettini, prescrisse ai suoi monaci una dieta essenzialmente vegetale. Anche ai Trappisti era vietato, fin dalla fondazione dell'ordine nel diciassettesimo secolo, mangiare carni e uova, e benché con il Concilio Vaticano del 1960 il divieto sia stato tolto, ancora oggi molti frati trappisti si attengono alle leggi originali.

Anche la Chiesa cristiana Avventista raccomanda ai suoi membri di essere vegetariani. Pochi lo sanno, ma l'enorme industria della "prima colazione" americana nacque in un luogo di cura naturale condotto dal dottor John H. Kellogg, membro attivo della Chiesa Avventista, il quale era costantemente alla ricerca di breakfast a base di vegetali per i ricchi malati della sua stazione climatica; fu lui l'ideatore dei fiocchi di mais integrale che avrebbe poi distribuito in tutto il Paese. Con il passare degli anni, a poco a poco il dottor Kellogg separò gli affari dalla religione e costituì l'industria che ancora oggi porta il suo nome.

Il più grande numero di vegetariani si trova in India, patria del buddhismo, del jainismo e dell'induismo. Il buddhismo, nella fattispecie, nacque come reazione all'enorme sterminio di animali che si compiva nell'antichità in nome di perversi rituali religiosi. Il Buddha pose fine a queste pratiche, proponendo la Sua dottrina dell'Ahimsa, cioè della non violenza. I suoi seguaci, emigrati in tutto l'Oriente, lavorarono umilmente e instancabilmente per convertire al vegetarianesimo teorico e pratico intere popolazioni, arrivando al punto di aprire ristoranti vegetariani all'interno dei templi buddisti e di inventare nuovi alimenti simili alla carne, come seitan, tempeh ecc.

Le antiche Scritture vediche dell'India, che risalgono a tempi molto precedenti al buddhismo, accentuano la non violenza come principio fondamentale del vegetarianesimo. La Manu-samhita, l'antico codice indiano di leggi, stabilisce: "Per avere carne è sempre necessario ferire delle creature viventi e questo è un ostacolo per il raggiungimento della beatitudine celeste; si eviti dunque di mangiare carne... Considerata la disgustosa origine della carne e la crudeltà di incatenare e uccidere delle creature, è necessario astenersi dal mangiare carne." Bhaktivedanta Swami Prabhupada, che ha tradotto e commentato oltre cinquanta volumi dei classici della filosofia e della religione indiana, scrive, "Nella Manu-samhita è sancito il principio che una vita vale una vita, osservato praticamente in tutto il mondo. Così, ci sono altre leggi che stabiliscono che si è colpevoli anche se si uccide solo una formica: poiché noi non possiamo creare, non abbiamo il diritto di togliere la vita a nessun essere vivente. Secondo la legge divina, uccidere un animale è grave come uccidere un uomo e chi non segue questo principio segue delle leggi di comodo. Anche nei dieci Comandamenti è scritto, Non uccidere. Questa legge è perfetta, ma l'uomo la interpreta in modo sbagliato, pensando, Non ucciderò nessun uomo, ma potrò uccidere un animale. Così la gente s'inganna e crea dolore per sé e per gli altri.... Tutti siamo creature di Dio, in qualunque corpo alberghiamo e qualunque abito indossiamo. Dio è il nostro Padre supremo. Un padre può avere molti figli, alcuni intelligenti e altri no; ma se un figlio intelligente dice al padre: "Mio fratello non è molto intelligente, lascia che io lo uccida", pensate voi che il padre possa essere d'accordo? Allo stesso modo, se Dio è il nostro Padre supremo, perché dovrebbe essere contento di vederci uccidere gli animali, che sono anch'essi Suoi figli?

VIOLENZA E SOFFERENZA

Abbiamo visto come il karma (l'azione che porta una reazione, la causa che produce l'effetto) leghi l'essere umano alla sofferenza e ai limiti della materia, e come ogni sofferenza che provochiamo ci costringe a trovarci in una situazione in cui dovremo soffrire una pena simile a quella che abbiamo causato agli altri. Non c'è bisogno di aspettare l'inferno o il purgatorio: noi ci costruiamo da soli il nostro inferno, il nostro purgatorio, anche su questa stessa terra. Forse non sarà una reazione immediata, forse potranno passare degli anni prima che siamo costretti ad affrontare la punizione -- o la purificazione o l'apprendimento della lezione, come preferiamo considerarla. Non sappiamo quando il frutto delle nostre cattive azioni giungerà a maturazione e quali semi produrrà a sua volta.

Il legame karmico tra due esseri è oggetto di una scienza antichissima e complessa, definita nei Veda, le scritture sanscrite dell'antica India che ci hanno dato anche il termine stesso di "karma". In poche parole, dobbiamo sapere che si tratta del legame sottile che unisce due o più spiriti e che non viene interrotto con la morte. Ci si ritrova in situazioni diverse, in corpi diversi, in ruoli diversi, ma si sente che c'è qualcosa che ci lega, nel bene o nel male, con l'altra persona. Un colpo di fulmine? Un'attrazione a prima vista? Un incontro "magico"? Una invincibile e inspiegabile antipatia? Una persecuzione ingiustificabile? L'impressione di conoscersi da sempre non è priva di fondamento.

Questo legame karmico si estende al di là delle limitazioni del corpo e può legare le persone a prescindere dal corpo che rivestono, dal fatto che appaiano come un essere umano o un animale. In realtà chi fa del male, con la coscienza di fare male, si sta già condannando da solo: impercettibilmente la sua coscienza (o il subcosciente, se così vogliamo chiamarlo) lo porterà secondo le leggi dell'universo fino alla posizione in cui potrà scontare la sua colpa, pagare il suo debito e imparare la lezione. Nel cuore di ogni essere, insegnano le scritture vediche, abita l'Anima Suprema, che assegna a ciascuno le gioie e le sofferenze che gli spettano a seconda delle sue azioni, delle sue parole e dei suoi pensieri.

Quella stessa insoddisfazione indefinibile, provata dalle persone che hanno avuto tutto nella vita e ancora non sono contente, il sottile rimorso di chi ha agito male, il disgusto di vivere e l'angoscia inspiegabile che ci portano a fare del male a noi stessi (con passatempi pericolosi, con il consumo di sostanze tossiche e dannose, con forme di autopunizione più o meno consapevole) sono una prova di questa reazione sottile, che nasce dal loro stesso cuore e non potrà mai essere ingannata o elusa. Questo giudice inflessibile non potrà mai essere corrotto o confuso da abili avvocati, e nessuno potrà evitare che la giusta sentenza venga eseguita, perché noi diventiamo giudice, giuria e carnefice di noi stessi.

LA RUOTA DELLE RINASCITE

La reincarnazione è dunque un meccanismo fisico, scientifico, perfettamente logico, naturale e giusto. Come potrebbe un Dio d'amore, perfettamente compassionevole, lasciare all'essere umano una sola vita, talvolta fin troppo breve e sfortunata, per salvarsi o dannarsi per l'eternità? E far partire svantaggiati alcuni Suoi figli senza alcuna ragione apparente (subnormali, malati gravi sin dalla nascita, figli di genitori indegni, orfani, poveri) e lasciar prosperare materialmente il malvagio lasciandogli accumulare una quantità enorme di colpe senza dargli nemmeno l'occasione di capire in quale abisso sta sprofondando? Oppure, come si spiegherebbe il ricordo chiaro di dettagli di vite passate, che spesso riemergono nella regressione ipnotica, o perfino spontaneamente in alcuni casi? Come si spiegano le conoscenze "istintive" musicali, matematiche o linguistiche di alcuni bambini?

La risposta è semplice. Noi non cominciamo con questo corpo e non finiamo con questo corpo. Alcuni portano con sé ricordi da corpi precedenti, altri hanno promesso di tornare e tornano, anche se non hanno dei ricordi chiari. Noi siamo pellegrini nel grande viaggio della vita e le nostre strade si incrociano e si dividono continuamente. Per qualche breve giorno ci fermiamo in una locanda, conosciamo degli amici e poi di nuovo dobbiamo ripartire, con abiti nuovi, per una nuova tappa del viaggio. Parleremo più diffusamente di questo argomento in altra sede, perché la trattazione della scienza della reincarnazione richiedebbe da sola parecchi volumi. Ci basti comprendere, a questo proposito, che il karma è un concetto strettamente legato alla reincarnazione.

La parola sanscrita che definisce la ruota delle rinascite è "samsara". Altre parole interessanti a questo proposito sono "mara", che significa "morte" e "mamsa", che significa "carne". Il termine mamsa è la fusione di due pronomi, "mam" (io) e "sah" (lui, questo) e ha origine da un rito antichissimo prescritto nei Veda a chi volesse a tutti i costi mangiare carne animale. Tutte le Scritture proibiscono di uccidere indiscriminatamente gli animali per cibarsene: a coloro che non riescono a rinunciare all'idea di mangiare carne venivano prescritti dei sacrifici, dei rituali, da compiersi soltanto in momenti particolari e davanti alla Divinità -- che dovevano servire a sensibilizzare l'uomo incosciente sulle conseguenze dei suoi atti. In uno di questi rituali, contemplato nell'adorazione della forma distruttrice del divino, Madre Kali, era permesso sacrificare una capra in una notte senza luna, ma bisognava parlare all'animale rivolgendogli queste parole: "Ora io tolgo la vita a questo animale, ma la Divinità mi sia testimone che in un giorno non lontano questo animale prenderà la mia vita."

In questo modo gli antichi codici indiani mettono in guardia coloro che sono intenzionati a perpetrare una facile violenza al solo scopo di gratificare il palato con il sapore del sangue e della carne di un altro essere: chiunque uccide un animale dovrà rinascere ed essere ucciso -- nella civiltà vedica è considerata particolarmente esecrabile l'uccisione di animali miti, sensibili, intelligenti, generosi e amici dell'uomo, come la mucca e il cavallo.

E' inoltre importante, secondo le antiche Scritture, riconoscere il diritto di proprietà di Dio sulla vita di ogni creatura, perciò questi sacrifici erano ufficialmente offerti a Dio. Gli animali offerti in sacrificio non erano in alcun modo maltrattati o disprezzati, ma godevano di ogni onore e cura fino al momento dell'uccisione rituale, in cui veniva recisa loro la giugulare. Infine, prima che l'animale fosse squartato e le sue carni fossero consumate, bisognava aspettare che tutto il sangue fosse fluito dal corpo (cioè che l'animale fosse proprio morto).

In nessuna parte delle Scritture, di nessuna tradizione religiosa, si parla di allevamenti lager, macellerie, mattatoi, di file di creature terrorizzate in attesa di una scarica elettrica che si limita a tramortirle per poi essere gettate, ancora vive, in acqua bollente oppure squartate senza nessuna pietà e nessun rispetto. La sensibilità e l'amore per gli animali, manifestati oggi da tante persone evolute, dovrebbero senz'altro esprimersi in un'alimentazione non violenta, non macchiata dalla sofferenza di tante povere creature di Dio.

DALLA PARTE DEGLI ANIMALI

Negli ultimi tempi abbiamo assistito a una sempre maggiore presa di coscienza da parte del pubblico sulle questioni etiche, filosofiche e religiose, a un'evoluzione della consapevolezza collettiva. Molte più persone si interessano del benessere degli altri, sinceramente, senza secondi fini. Si diffondono i movimenti per i diritti delle minoranze, dei bambini, degli animali, della terra. Cadono i vecchi miti dello sfruttamento e dell'egoismo, le false idee di superiorità e di importanza basate sull'esteriorità. E questo non può che renderci felici.

Siamo felici di constatare che la gente s'interessa sempre più alle domande che sono veramente fondamentali nella vita di un essere umano. Questo significa che la società sta producendo una maggiore coscienza e sensibilità nell'animo umano. La caratteristica dell'essere umano è quella di porsi domande sulla vita: se non fosse per questo, infatti, le sue attività non sarebbero differenti da quelle degli animali. Come l'animale, l'uomo mangia, dorme, si accoppia, alleva amorevolmente dei figli, soffre, prova piacere, si ammala, invecchia e muore. Come l'animale, l'uomo ha bisogno di cibo, di riparo, di affetto, della compagnia dei suoi simili e prova il desiderio di possedere e dominare l'ambiente che lo circonda. Anche un animale si sacrifica per i suoi figli e per la compagna, è fedele verso i suoi amici e riconoscente verso chi l'ha trattato con bontà, così come ricorda a lungo chi gli ha fatto del male e prova il desiderio di vendicarsi. Anche un animale sogna, impazzisce, si lascia morire per la disperazione, costruisce opere d'arte e di ingegneria, ama la bellezza e la libertà.

Molti animali se la cavano persino meglio dell'uomo. Le api hanno un'organizzazione sociale invidiabile e altamente specializzata, eccellenti tecniche di produzione industriale, una laboriosità proverbiale, libera da scioperi e lotte di classe, dove tutti lavorano in perfetta collaborazione e solidarietà. Le formiche, in particolare, allevano e mungono mandrie di afidi e coltivano i loro minuscoli campi per il beneficio della comunità, hanno città, granai in comune ed eserciti organizzati. I castori possiedono capacità tecniche e scientifiche fenomenali, tali da costruire dighe ingegnose per deviare il corso dei fiumi. I branchi di lupi sono un esempio perfetto di solidarietà e fedeltà, e i maschi proteggono femmine e piccoli anche se non sono i propri. Riguardo al rispetto per l'ambiente, alla mancanza di avidità e senso di prevaricazione e violenza, gli animali avrebbero molto da insegnarci. Il criterio decisivo non può essere la capacità di comunicare nelle questioni pratiche, perché abbiamo visto che molte specie animali lo fanno egregiamente con codici specifici più complessi del linguaggio, usando tecniche e facoltà che ci appaiono spesso incomprensibili.

Ci sono animali più miti e animali più feroci, così come ci sono esseri umani più miti ed esseri umani più feroci. Stabilire la superiorità dell'essere umano rispetto all'animale semplicemente sulla base della maggiore capacità di prevaricazione dell'essere umano non è certamente un criterio civile. Inoltre, esistono esseri umani più o meno intelligenti, così come esistono animali più o meno intelligenti. Alcuni esseri umani mongoloidi o subnormali possiedono un'intelligenza e una discriminazione inferiori a quelle di molti animali. Questo ci dà il diritto di disporne a nostro piacimento senza alcun riguardo per le loro sofferenze, e magari di macellarli per farne bistecche e salsicce, di venderne la pelle all'industria pellettiera, i capelli per farne materassi, le ossa e il sangue sul mercato dei fertilizzanti o delle materie prime per i saponi? Assurdità? In un passato non lontano l'ideologia nazista giustificava un atteggiamento simile verso ebrei, neri, religiosi, zingari, dissidenti e "diversi" di vario genere. E' interessante confrontare le fotografie dei carri bestiame carichi di deportati diretti verso i campi di concentramento con i carri bestiame carichi di mucche dirette verso il mattatoio, le camere a gas con i moderni mattatoi, gli occhi dei deportati con gli occhi degli animali in gabbia o in attesa della macellazione.

I bambini sono spesso più sensibili degli adulti a questa realtà. Vivendo accanto a un animale (un cane, un gatto, un agnellino) si affezionano a queste creature e vedono che il loro affetto viene ricambiato. Chiunque abbia avuto in casa un animale ha percepito la sua presenza come quella di una "persona" o addirittura un componente della famiglia, un figlio o un amico. In molte città del mondo esistono cimiteri per gli "amici a quattro zampe". Chi avrebbe il coraggio di uccidere e mangiarsi il proprio cane, fedele compagno di giochi e avventure? Certo, esistono molte persone prive di sensibilità e compassione. "D'accordo, soffre. E allora?". Le logiche del profitto, dell'interesse egoistico, della gratificazione personale soffocano la voce della nostra coscienza -- in modo che anche quando si tratta della sofferenza di altri esseri umani, quella voce non si sente quasi più.

Affermare, come si è sostenuto a lungo e come molti continuano a pensare tuttora, che l'animale non sia altro che una "cosa" da comprare e vendere, un oggetto senza diritti, sentimenti o dignità, un "prodotto" destinato alla nostra alimentazione o al nostro abbigliamento, non è soltanto una grave ingiustizia ma soprattutto una incredibile assurdità. Un tempo, per giustificare lo sfruttamento e i maltrattamenti di esseri umani verso altri esseri umani, persino grandi luminari e rappresentanti della Chiesa sostenevano che donne e negri non avessero un'anima (e forse c'è qualcuno che lo pensa ancora oggi). Ultimamente, però, la Chiesa sta facendo degli sforzi apprezzabili per chiarire la sua posizione teologica in modo più sensato. Ma come al solito si tratta di intendersi sui termini e soprattutto di lasciare spazio alla nostra coscienza, alla nostra pulizia interiore, alla nostra onestà. Chi potrebbe, in tutta onestà, affermare che l'animale è un oggetto?

Certo, l'animale non ha la possibilità di scegliere tra il bene e il male perché è costretto a comportarsi secondo le leggi della natura, limitato dai suoi istinti. L'animale non ha le capacità di astrazione filosofica o etica, di esperienza mistica e religiosa, di espressione articolata e individuale. Non può "commettere peccato" e la sua evoluzione nel ciclo karmico è sempre e costantemente positiva, ma non gli permette di comprendere consapevolmente le lezioni karmiche e liberarsi dal ciclo di morti e rinascite con la coscienza della propria identità spirituale. L'essere umano ha la coscienza di una realtà superiore alla vita quotidiana, di un disegno che trascende la nostra vita individuale, che ci porta a concepire l'esistenza del destino e della volontà di Dio. L'essere umano non si accontenta di mangiare, dormire, accoppiarsi, giocare e difendersi, ma si ferma e pensa: perché vivo? da dove vengo? dove sto andando? a che serve la mia vita? come posso ottenere una felicità di livello superiore? Questa è l'unica vera eredità dell'essere umano, la gemma preziosa che lo solleva dal fango di questo mondo.

Questi interrogativi esistenziali, filosofici e religiosi costituiscono la caratteristica comune a tutti gli esseri umani di ogni cultura e tradizione. Le tradizioni religiose o filosofiche autentiche aiutano l'individuo a diventare sempre più consapevole e a trovare le risposte a queste domande. Parafrasando una famosa massima, potremmo dire: "L'uomo è un animale religioso o filosofico."

Chi sono io? Le scritture religiose ci rispondono: "tu non sei semplicemente il corpo, non sei semplicemente la mente, sei spirito." Perché mi trovo qui, in questa vita, in questo mondo? Le scritture spiegano che stiamo viaggiando attraverso le diverse specie di vita per imparare a ritrovare noi stessi e liberarci dai condizionamenti della materia. Il desiderio di essere padroni del mondo travolge tutti, in maggiore o minore misura. C'è chi si accontenta di una stanza, chi vuole il mondo intero. Chi si accontenta di una famiglia, chi vuole essere servito e onorato dalle folle. Il problema è che tutti desiderano essere serviti e nessuno desidera servire, mentre in realtà tutti gli esseri viventi sono sempre, eternamente, servitori per natura. Il capofamiglia serve la sua famiglia lavorando per mantenerla, l'industriale serve i suoi dipendenti dandosi da fare per procurare del lavoro e uno stipendio, il politico serve i suoi elettori che altrimenti non lo sosterrebbero, il capo di Stato serve il popolo. Quando il loro servizio non è soddisfacente, arrivano le grane. Se poi non abbiamo trovato nessuno da servire, cerchiamo un cane, un gatto, un pesce rosso da accudire -- l'idea è che siano nostri schiavi, nostra proprietà, ma chissà come, ci ritroviamo sempre ad essere legati al loro servizio...

La natura dell'anima spirituale è quella di impegnarsi con gioia in un servizio d'amore, perciò tutti i nostri sforzi di trovare la felicità diventando padroni invece che servitori sono destinati all'insuccesso. Il problema è che non sappiamo chi dobbiamo servire: né i familiari, né i dipendenti, né i concittadini possono ricambiare il nostro servizio con l'amore, la felicità, la protezione e l'abbondanza che noi desideriamo e che ci aspettiamo. In realtà, in cambio del nostro amore e del nostro servizio ci aspettiamo una ricompensa illimitata, quale soltanto il Signore Supremo e illimitato è in grado di dare.

ARMONIA E AMORE

Quando si parla di amore spesso si rischia di cadere in qualche equivoco, perciò è necessario definire bene il concetto. L'amore è un atteggiamento positivo, il desiderio di dare, di mettersi in sintonia, di comprendere e servire, non il desiderio di possesso, di controllo, di gratificazione e di dominio che spesso viene contrabbandato per amore. L'amore vero non si manifesta solo nella relazione coniugale, ma verso gli amici, le persone che ci sono affini e care, verso la natura e le cose belle, verso Dio. Questo desiderio di armonia si può -- e si dovrebbe -- manifestare anche in relazione al nostro corpo e al corpo degli altri esseri viventi, che sono manifestazioni dell'energia del Signore, Sue creazioni e proprietà. Non possiamo fare del male al nostro corpo e pensare di poter essere felici. Torturare il nostro stesso corpo con veleni, posizioni e movimenti innaturali, mancanza di aria, luce, acqua pulita non potrà che provocare malattia e sofferenza, insoddisfazione e frustrazione.

Come liberarci da tutto questo? Naufraghi nell'oceano dei desideri di gratificazione, sballottati dalle onde di attrazione e repulsione, di gioia e dolore, di illusione e delusione, la prima cosa da fare è smettere di annaspare e vincere il panico. La nostra vera felicità va cercata all'interno, al di là delle condizioni effimere di questo mondo, nei valori interiori e spirituali che ci permettono di vedere dove stiamo andando. La gratificazione, il piacere e le gioie che ci sono concessi, così come i disagi, le sofferenze e le difficoltà che ci aspettano, sono già stati calcolati a seconda dei nostri crediti e debiti karmici. Il conteggio viene aggiornato continuamente, perché ad ogni istante noi agiamo e creiamo nuovi crediti o debiti karmici oppure li liquidiamo. E' un po' come un conto bancario, che ha delle scadenze in cui maturano gli interessi attivi o passivi; se siamo pratici possiamo tenere sott'occhio costantemente il saldo del conto e sapere che cosa ci aspetta. Per migliorare la situazione del nostro conto, però, dobbiamo accumulare dei crediti, non cercare di spendere più di quello che abbiamo: quando ci troviamo in una condizione difficile, la reazione inconsulta è quella di forzare le cose, di strizzare più vantaggi dalle situazioni e dalle persone che ci circondano, senza renderci conto che in questo modo il nostro conto karmico sta andando in rosso.

La natura tende all'equilibrio ed ogni reazione è uguale e contraria all'azione che l'ha causata, né di più né di meno. Ogni volta che cerchiamo di modificare questo equilibrio a nostro vantaggio egoistico, perseguendo il piacere a tutti i costi, senza preoccuparci delle conseguenze delle nostre azioni, creiamo uno scompenso, un disavanzo nel conto, che la natura provvede a riequilibrare presentandoci di volta in volta il conto. I piaceri sono prelievi dal conto, il lavoro sincero rappresenta un versamento, la disciplina costituisce un risparmio: è sempre questione di dare e avere.

Ogni essere vivente, in quanto creatura e figlio di Dio, ha ricevuto una specie di appannaggio per il suo mantenimento. Agli erbivori sono state assegnate le piante e l'erba, ai carnivori il sangue e la carne o addirittura le carcasse in putrefazione di altri esseri. Anche all'essere umano è stata assegnata una parte specifica per il suo mantenimento e non deve cercare di impadronirsi della parte destinata ad altri, perché tutto appartiene al Signore Supremo e noi siamo soltanto Suoi dipendenti.

Il fiume della vita scorre trasportandoci verso una destinazione naturale ma che ancora non conosciamo. Noi possiamo tenerci a galla con intelligenza o annaspare alla cieca, utilizzare barche o nuotare, collaborare con altri oppure arrangiarci da soli, sebbene la corrente ci spinga continuamente verso altri viaggiatori. Possiamo ammirare la bellezza del paesaggio, ma il nostro scopo è arrivare alla meta, e non quello di perderci nella contemplazione delle rive.

La nuova era che si apre davanti a noi è un'epoca di fratellanza, di armonia universale, di liberazione. Possiamo trarre insegnamenti e ispirazione per questa delicata e complessa trasformazione della società e del mondo dall'antica saggezza vedica, esposta nelle scritture più antiche del mondo, risalenti a oltre cinquemila anni fa e ancora oggi seguite da milioni di persone in tutto il mondo.

Chi volesse approfondire la conoscenza di questi importantissimi testi può consultare le opere di Sua Divina Grazia A.C. Bhaktivedanta Swami Prabhupada, pubblicate in Italia dalla Edizioni Bhaktivedanta.


Si ringrazia Parama Karuna per la gentile collaborazione.




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