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Antropocentrismo, il nemico da abbattere


ANTROPOCENTRISMO, PRINCIPALE NEMICO DA ABBATTERE

Nessuna specie potrebbe maturare la deviazione di sentirsi al centro dell’universo


di Franco Libero Manco

Da dove nasce l’idea che la specie umana sia sostanzialmente superiore alle altre specie animali e che l’uomo abbia il diritto e la legittimità ad utilizzare, sottomettere, schiavizzare, uccidere a suo piacimento ogni altra specie animale considerandola senza valore proprio, senza sentimenti e senza diritti?

Se immaginiamo un altro pianeta in qualche angolo sperduto dell’universo in cui la creatura più astuta crede che il Tutto sia stato creato in sua funzione e che gli altri esseri siano a sua disposizione, sicuramente penseremmo che quella creatura è perniciosa oltre che fuori di testa.

Il concetto antropocentrico sembra sia connaturato con l’uomo. Da quando si accorse di essere la creatura più astuta e più capace di organizzazione l’uomo rivolse gli occhi al cielo e ringraziò la divinità per essere stata benigna nei suoi confronti, si convinse che Dio fosse dalla sua parte e tradusse questa sua visione in regole e dottrine. Ma indipendentemente da una visione religiosa, ogni popolo della terra, da quelli tecnologicamente più avanzati alle popolazioni che ancora vivono allo stato primordiale, sfrutta e uccide gli animali per ogni sua necessità, secondo la impietosa legge naturale del più forte che domina il più debole.

Spostare la pratica sacrificale dall’uomo agli animali fu per la gente di Mosè un notevole passo in avanti; purtroppo l’umanità è rimasta ancorata a principi primordiali e profondamente condizionata dalla dottrina delle tre religioni monoteiste che più di altre rivendicano il primato dell’uomo sulla natura per l’avvallo dato da Dio in Genesi 9,3 e che trova compiacenza in un mondo di crapuloni e mangiatori di bistecche convinti che, per compiacenza di Dio, oltre al piacere della gola ci si guadagna anche il paradiso.

Il danno che ne viene dalla visione antropocentrica è di proporzioni apocalittiche perché abitua l’essere umano al deprezzamento di tutto ciò che non è specie umana e lo inclina alla legge della supremazia del forte sul debole. La violenza verso ogni forma di vita, l’indifferenza verso la sofferenza degli animali, l’abitudine all’animalicidio, alla vista del sangue, il disprezzo del dolore altrui, inclina inevitabilmente alla violenza verso gli umani e quindi al predominio, alla guerra, alla sottomissione di chi si considera meno intelligente secondo il concetto aristotelico (ereditato appieno dalle religioni di stampo ebraico e non solo) per il quale i deboli sono destinati a servire i forti, gli schiavi fatti per i padroni, , i negri per i bianchi, le donne per gli uomini.

In natura non esiste l’antropocentrismo la cui arrogante motivazione primaria fu forse il tentativo di allontanare l’uomo da comportamenti predatori e incanalarlo verso espressioni sociali meno violenti, “animalesche”; ma costituì e costituisce il più grande ostacolo alla conoscenza dell’ordine cosmico. L’universo sarebbe tale anche senza il pianeta terra.

La cultura antropocentrica, sempre parallela con l’arcaica teorica geocentrica, genera egoismo, individualismo, materialismo, irrazionalismo, perché l’individuo percepisce tutto in funzione di se stesso. Mettere al centro dell’universo l’uomo è come credere che la goccia sia l’oceano, che il granello il deserto, che il filo d’erba sia l’intera vegetazione terrestre.

Meglio avere cento dubbi che una sola falsa certezza.


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“Lungi dall’essere il più sociale dei viventi, l’uomo è per natura il più antisociale di tutti.
L’umanità si scanna con le sue mani, perisce con la guerra, tanto contraria e ripugnante alla natura, quanto il suicidio.
Che una specie ne distrugga un’altra si può forse ritenere parte dell’ordo rerum, ma che una specie distrugga e consumi regolarmente se stessa è privilegio dell’uomo”.

(Giacomo Leopardi)




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